Oggi si parla molto del tumore della prostata. Malattia molto frequente, ha purtroppo il triste primato di essere la prima neoplasia nel maschio adulto, ed è, dopo il tumore del polmone, la seconda causa di morte per neoplasia. Se ne discute molto anche da quando importanti personaggi della cultura, dello spettacolo e della politica hanno ammesso di essere stati colpiti da questa sventura e di esserne usciti vincitori. Se ne parla molto anche da quando è venuto alla ribalta il PSA (Antigene prostatico specifico), il prezioso “marcatore”, cioè la spia, il segnalatore della possibile malattia.

Il PSA è determinato con un semplice esame del sangue di poco costo ed è espressione della attività del tessuto prostatico. A proposito del PSA va detto comunque come questo, pur essendo specifico del tessuto prostatico in quanto prodotto esclusivamente dalla prostata, non sia contrassegnato da una corrispondente alta sensibilità, dato che valori elevati di questo marcatore non necessariamente sono espressione di tumore.

Valori elevati di PSA (superiori a 4) possono aversi infatti anche nella ipertrofia benigna della prostata, in casi di infiammazione (prostatite), in patologie concomitanti che nulla hanno a che fare con le caratteristiche della prostata stessa o anche per motivi che ancora sfuggono, probabilmente per un “assetto” prostatico particolare, fa sì che la ghiandola ne produca in sovrabbondanza. Anche il laboratorio non è indenne nel darci errati ragguagli sul PSA. Se ne deduce come debbano essere date corrette informazioni all'utenza a questo proposito per non incorrere in eccessivi ed immotivati allarmismi.

Un altro concetto che vorrei sottolineare con fermezza riguarda le grandi possibilità che oggi sono americani nell'enfatizzare il concetto di “diagnosi precoce” nel campo della neoplasia prostatica: proprio perché di tumore si può guarire quanto più precocemente viene fatta la diagnosi. Alcuni anni fa si era accesa una vivace discussione a proposito dell'opportunità o meno di effettuare campagne di screening per il tumore della prostata, cioè vere campagne di sensibilizzazione su tutti gli uomini dai 50 anni in su, potenzialmente a rischio di malattia.

Pur essendoci ancora dei ferventi fautori di queste iniziative, oggi l'atteggiamento preminente non è più quello di promuovere screening, per una serie di considerazioni di non ingenerare ansie eccessive legate ai numerosi possibili falsi positivi (PSA elevati per motivi indipendentemente dalla presenza di tumore come ho detto prima), la mai dimostrata vera efficacia del metodo nel ridurre la mortalità, la possibilità infine, di scoprire tumori clinicamente non significativi e silenti per i quali il trattamento chirurgico sarebbe eccessivo.

Siamo invece oggi tutti concordi nell'usare più cautela in questo campo confidando in una “Diagnosi Precoce” con l'effettuazione del dosaggio del PSA dai pazienti ultracinquantenni ai settantenni, quindi solo nella popolazione a rischio o sintomatica e a maggior ragione nei maschi quarantenni, se ci sono stati casi di malattia maligna in famiglia. Questo è ciò che perseguiamo, ed è ciò che diciamo oggi nel campo di questa patologia che, presa in tempo, ci consente la guarigione con bassa percentuale di complicanze, dando una qualità di vita di tutto rispetto.